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L’antica chiesa parrocchiale di Sernaglia

La vecchia chiesa parrocchiale di Sernaglia, praticamente distrutta dai bombardamenti nel 1917/18, quando il fronte italo-austriaco si trovava lungo il Piave, era di origine antichissima; Sernaglia è infatti l’unico paese in diocesi a vantare la citazione della propria chiesa in un documento dell’epoca longobarda, risalente all’anno 762.
La chiesa distrutta dalla grande Guerra, comunque, risaliva all’inizio del ‘500, era stata restaurata per l’ultima volta nel 1906 ed era orientata nella maniera tradizionale, con l’abside a est e la facciata ad ovest; aveva tre navate e su quelle laterali si aprivano delle cappelline. La cantoria per l’organo era sopra l’ingresso principale.
Si trattava di un edificio abbastanza basso, e situato vicino alla strada, e per questo risultava molto meno imponente della chiesa attuale. Come quasi tutte le antiche pievi, era comunque (quando fu costruita) un edificio più grande e dignitoso delle altre chiese di campagna, e già a fine ‘400, durante la Visita del vescovo Nicolò Trevisan, la chiesa di Sernaglia era stata trovata, a differenza di altre, tenuta a dovere (in latino: “bene tentam et bene gubernatam”).
Verso il 1640 fu costruito accanto alla chiesa uno dei campanili più imponenti della diocesi, il cui progetto dovrebbe derivare da un disegno del celebre architetto e scultore Jacopo Sansovino (morto già nel 1570); non esistono peraltro documenti a sostegno di questa tradizione.
Il titolo era ed è quello di Santa Maria Assunta. La pala dell’altar maggiore, raffigurante l’incoronazione della Vergine, era probabilmente opera di Cesare Vecellio (1521-1601), cugino di Tiziano. Alcuni, comunque, la attribuivano a Pomponio Amalteo o ad altri allievi del Pordenone. Dopo la riforma liturgica il paliotto in marmo dell’antico altare è stato inserito nel nuovo altare del popolo.
All’interno dell’edificio vi erano anche altri altari: due si trovavano ai lati dell’altar maggiore, ed altri nelle cappelline laterali.
A destra dell’altar maggiore c’era l’altare di Santa Maria in Betlemme (o “Altare del Rosario”); la pala raffigurava l’Adorazione dei Magi, e secondo la tradizione il volto di uno dei Tre Re era il ritratto di un conte di Collalto, che detenevano la giurisdizione su Sernaglia e altri villaggi vicini, ed anche il diritto di giuspatronato sulla chiesa.
Alcune relazioni parlano anche dell’altare della Madonna del Carmine, con una pala di Francesco Frigimelica (circa 1570-1649), pittore di origine padovana, ma attivo a Belluno; la maggior parte dei documenti, invece, cita l’altare di San Giovanni Battista, patrono della Parrocchia, e quello di Santa Barbara, con un dipinto di Frigimelica, fatto costruire dal “Comun” di Sernaglia prima del 1513.
Vi erano poi l’altare di San Valentino – di cui Sernaglia possiede una reliquia insigne – con un dipinto di Luigi Cima di Villa di Villa di Mel (dopo il 1918 il pittore fece in tempo a realizzare anche la pala di San Valentino per la nuova chiesa), e infine quello di San Vincenzo Ferreri, costruito nella seconda metà del ‘700, abbellito da una statua del santo.
Il numero e il titolo degli altari erano comunque variati nel corso dei secoli: all’inizio del ‘500 le Visite Pastorali citavano gli altari di San Sebastiano, S. Antonio, del Corpus Domini e di San Gottardo, poi scomparsi o sostituiti da altri con diverse intitolazioni.
Nel Settecento il soffitto della navata centrale venne decorato con tre affreschi, attribuiti a Giovanni Battista Canal (1745-1825), che nella sua carriera dipinse oltre settanta soffitti di chiese (egli non deve essere confuso col più celebre Giovanni Antonio Canal detto il Canaletto, famoso per le vedute di Venezia); secondo una relazione dell’arciprete Domenico Falchetto, i dipinti rappresentavano “l’Assunzione di Maria”, “la di Lei Incoronazione”, “la di Lei Gloria in Cielo”.

Martino Mazzon
Foto: Fotoclub Sernaglia

La vecchia chiesa parrocchiale di Sernaglia, praticamente distrutta dai bombardamenti nel 1917/18, quando il fronte italo-austriaco si trovava lungo il Piave, era di origine antichissima; Sernaglia è infatti l’unico paese in diocesi a vantare la citazione della propria chiesa in un documento dell’epoca longobarda, risalente all’anno 762.

La chiesa distrutta dalla grande Guerra, comunque, risaliva all’inizio del ‘500, era stata restaurata per l’ultima volta nel 1906 ed era orientata nella maniera tradizionale, con l’abside a est e la facciata ad ovest; aveva tre navate e su quelle laterali si aprivano delle cappelline. La cantoria per l’organo era sopra l’ingresso principale.
Si trattava di un edificio abbastanza basso, e situato vicino alla strada, e per questo risultava molto meno imponente della chiesa attuale. Come quasi tutte le antiche pievi, era comunque (quando fu costruita) un edificio più grande e dignitoso delle altre chiese di campagna, e già a fine ‘400, durante la Visita del vescovo Nicolò Trevisan, la chiesa di Sernaglia era stata trovata, a differenza di altre, tenuta a dovere (in latino: “bene tentam et bene gubernatam”).
Verso il 1640 fu costruito accanto alla chiesa uno dei campanili più imponenti della diocesi, il cui progetto dovrebbe derivare da un disegno del celebre architetto e scultore Jacopo Sansovino (morto già nel 1570); non esistono peraltro documenti a sostegno di questa tradizione.
Il titolo era ed è quello di Santa Maria Assunta. La pala dell’altar maggiore, raffigurante l’incoronazione della Vergine, era probabilmente opera di Cesare Vecellio (1521-1601), cugino di Tiziano. Alcuni, comunque, la attribuivano a Pomponio Amalteo o ad altri allievi del Pordenone. Dopo la riforma liturgica il paliotto in marmo dell’antico altare è stato inserito nel nuovo altare del popolo.
All’interno dell’edificio vi erano anche altri altari: due si trovavano ai lati dell’altar maggiore, ed altri nelle cappelline laterali.
A destra dell’altar maggiore c’era l’altare di Santa Maria in Betlemme (o “Altare del Rosario”); la pala raffigurava l’Adorazione dei Magi, e secondo la tradizione il volto di uno dei Tre Re era il ritratto di un conte di Collalto, che detenevano la giurisdizione su Sernaglia e altri villaggi vicini, ed anche il diritto di giuspatronato sulla chiesa.
Alcune relazioni parlano anche dell’altare della Madonna del Carmine, con una pala di Francesco Frigimelica (circa 1570-1649), pittore di origine padovana, ma attivo a Belluno; la maggior parte dei documenti, invece, cita l’altare di San Giovanni Battista, patrono della Parrocchia, e quello di Santa Barbara, con un dipinto di Frigimelica, fatto costruire dal “Comun” di Sernaglia prima del 1513.
Vi erano poi l’altare di San Valentino – di cui Sernaglia possiede una reliquia insigne – con un dipinto di Luigi Cima di Villa di Villa di Mel (dopo il 1918 il pittore fece in tempo a realizzare anche la pala di San Valentino per la nuova chiesa), e infine quello di San Vincenzo Ferreri, costruito nella seconda metà del ‘700, abbellito da una statua del santo.
Il numero e il titolo degli altari erano comunque variati nel corso dei secoli: all’inizio del ‘500 le Visite Pastorali citavano gli altari di San Sebastiano, S. Antonio, del Corpus Domini e di San Gottardo, poi scomparsi o sostituiti da altri con diverse intitolazioni.
Nel Settecento il soffitto della navata centrale venne decorato con tre affreschi, attribuiti a Giovanni Battista Canal (1745-1825), che nella sua carriera dipinse oltre settanta soffitti di chiese (egli non deve essere confuso col più celebre Giovanni Antonio Canal detto il Canaletto, famoso per le vedute di Venezia); secondo una relazione dell’arciprete Domenico Falchetto, i dipinti rappresentavano “l’Assunzione di Maria”, “la di Lei Incoronazione”, “la di Lei Gloria in Cielo”.

Martino Mazzon
Foto: Fotoclub Sernaglia

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