Alberi dalle foglie tenere di un bel verde chiaro.
I Gelsi o in dialetto “morèr” sono gli alberi che danno le more.
Fino agli anni ’50-’60 erano un elemento dominante nel nostro paesaggio, piantati a sostegno dei filari dell’uva Clinto o nelle aie della case contadine in prossimità del pollaio.
Ci ricordiamo bene quei morèr e quando ne rivediamo qualcuno, ci sembra di ritornare nel passato.
La provincia di Treviso, tra la metà dell’Ottocento e l’inizio del Novecento era tra i grandi produttori europei di seta grezza e praticamente tutti contribuivano a questa attività.
Unica e importante fonte di reddito per le famiglie contadine. Si piantavano, quindi, i morèr per la produzione di foglie di cui i bachi si nutrivano.
E per un mese circa gli uomini e le donne lasciavano le loro case ai “cavalier” (i bachi da seta).
Si ritiravano in stanze secondarie e posizionavano i bachi nelle stanze migliori preferibilmente dove si poteva controllare la temperatura, come la cucina.
I bachi venivano posati su graticci sovrapponibili per risparmiare spazio, veri e propri letti a castello.
I piccoli bachi nati dalle uova venivano alimentati con foglia fresca finemente trinciata e i letti venivano regolarmente ripuliti per evitare malattie al baco.
La foglia veniva somministrata più volte al giorno per saziare il loro importante appetito.
Tutti erano al loro servizio e dopo la foglia trita, mano a mano che crescevano veniva servita la foglia intera fino ad arrivare a deporre rami completi di foglie fino a quando, dopo 27/28 giorni, i bachi venivano trasferiti sul biavèr (in soffitta) dove si arrampicavano su rami secchi, che erano stati sapientemente posati su letti di segatura, per cercare un posto dove costruire il bozzolo prima di compiere la metamorfosi in crisalide.
A questo punto i bozzoli venivano raccolti, venduti alle filande e i contadini riprendevano possesso delle loro case.
Sembra che il prezioso filugello sia stato importato dall’Oriente grazie all’intraprendenza di due monaci che nascosero due bachi in una canna di bambù con l’intenzione di donarli all’imperatore Giustiniano nel 552 dopo Cristo.
Da allora Costantinopoli divenne il più importante centro di commercio della seta esteso poi, dagli arabi, in Sicilia.
Con l’età moderna la gelsicoltura si diffuse e arrivò anche in Veneto dove vi si impose, soprattutto dall’Ottocento, dando vita ad una attività che a Sernaglia divenne industria.
A testimonianza di questo abbiamo le filande, bellissimi edifici di archeologia industriale da preservare e valorizzare. Una storia, fatta di paesaggio agrario, produzione, vite familiari.
Una storia sicuramente da ricordare e raccontare.