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SAN MARTINO, IL PATRONO DI FALZÈ

  SAN MARTINO, IL PATRONO DI FALZÈ
Perché San Martino, vescovo di Tours, è il patrono di Falzè? A lui fu dedicata già la prima chiesetta del paese, dipendente dalla Pieve di Santa Maria di Soligo/Solighetto e costruita dopo l’anno mille. Il santo era molto popolare nel Medioevo, tanto che da noi le chiese a lui intitolate erano le più numerose dopo quelle dedicate alla Madonna. Da secoli egli è il protettore di tanti nostri paesi (Mosnigo, Premaor, Visnà di Vazzola, San Martino di Colle, Navolè e così via) ed è anche patrono della vicina diocesi di Belluno. Inoltre, uno dei primi resoconti della sua vita è opera di Venanzio Fortunato, poeta latino cristiano e vescovo, originario probabilmente di Valdobbiadene.
Il culto di San Martino è diffuso in tutti i paesi cattolici e le tradizioni legate alla sua festa sopravvivono perfino fra i protestanti, anche grazie all’omonimia con Martino Lutero, che fu battezzato proprio l’11 novembre.
Martino visse all’epoca del Tardo Impero Romano, in diversi paesi d’Europa: l’Ungheria (nacque a Szòmbathely, vicino all’Austria), l’Italia e la Gallia, cioè l’attuale Francia, dove morì a circa 80 anni, nel 397. Era figlio di un soldato pagano, e per questo ricevette il nome di “piccolo Marte”; come il padre, divenne anche lui soldato, un milite a cavallo della Guardia Imperiale. I membri di questo corpo indossavano una cappa bianca detta clamide ed erano assegnati a compiti di sorveglianza e custodia del territorio; il santo era quindi, di fatto, una specie di poliziotto. Divenuto cristiano, fu eremita, monaco e poi vescovo.
Il carattere “militare” di Martino e altri santi (l’arcangelo Michele, vincitore di Lucifero, e il leggendario San Giorgio, raffigurato come uno splendido cavaliere uccisore di draghi e liberatore di principesse) ha avvicinato queste figure alla sensibilità dei popoli germanici cristianizzati, Longobardi e Franchi. I Merovingi, re dei Franchi, erano gli orgogliosi possessori del mantello o cappa di San Martino, conservato in una chiesetta che per prima fu chiamata “cappella”.
Ai santi “militari” venivano spesso dedicate le chiese dei castelli, come avvenne per San Giorgio a Collalto (la rocca che per secoli dominò il villaggio di Falzè) e per lo stesso San Martino a Ceneda e nel “Castelbrando” di Cison. La sua scelta come patrono poteva quindi piacere ai signori del territorio, appartenenti a stirpi per lo più di origine longobarda, che però vivevano ormai nell’Impero rifondato dal franco Carlomagno.
Un altro motivo per la scelta di San Martino, comunque, è e resta il peculiare legame della sua figura con alcuni elementi centrali nel messaggio e nell’etica cristiani.
Venanzio Fortunato e altri scrittori affermano che poche ore dopo l’incontro col povero, avvenuto durante un giro di ronda notturno, al santo apparve in sogno Cristo stesso, avvolto nel mezzo mantello donato, che lo indicava e diceva agli angeli: “Ecco, egli mi ha vestito”. Il riferimento è al celebre passo del capitolo 25 del Vangelo di Matteo che si chiude con la frase “ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”.
Il doppio incontro del santo col povero e con Cristo è rappresentato nell’abside della chiesa di Falzè. Il pittore Giuseppe Modolo ha raffigurato in posizione molto simile il mendicante, che protende le braccia per afferrare il mantello, e Gesù, che allunga le sue verso Martino quasi per abbracciarlo. Secondo don Antonio Bellina, prete e scrittore friulano, la storia di San Martino e del povero rappresenta un prototipo dell’autentico comportamento cristiano che, evitando sia l’egoismo sia l’autoumiliazione, arriva alla condivisione, cioè al riconoscimento del prossimo come un altro se stesso.
Il valore etico della figura di Martino di Tours è testimoniato anche dall’impegno – continuo e senza risparmio – contro il male in ogni sua forma, dimostrato in tutta la sua lunga vita, e sintetizzato dalle sue ultime parole: “mortem non timeo, vivere autem non recuso”, cioè “non temo la morte, ma non rifiuto di vivere”.
Un ulteriore motivo per la scelta di Martino come patrono è il fatto che si tratta di un santo profondamente legato alla vita rurale e al mondo delle campagne, un mondo al suo tempo quasi interamente pagano. Egli fu forse il primo vescovo a portarvi l’evangelizzazione, sradicando con determinazione i culti delle antiche divinità; a detta di tutti i biografi, comunque, dimostrò sempre carità e rispetto nei confronti di ognuno ed ebbe uno stile di vita estremamente sobrio, a differenza di molti altri vescovi dell’epoca.
Fin da subito la sua figura divenne popolarissima nel mondo rurale, tanto che in molti luoghi l’11 novembre segnò per secoli l’inizio dell’anno agricolo, il giorno in cui scadevano i contratti. Diversi anziani ricordano ancora l’espressione “far Sanmartin”, cioè fare fagotto, traslocare: paradossalmente, nella festa del santo della condivisione, tante famiglie contadine, scacciate dai padroni, si ritrovavano sulla strada e, quasi sempre, non avrebbero trovato alcun San Martino ad aiutarle.
Martino Mazzon

 

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